La Val di Canneto
Nella Valle di Canneto, in provincia di Frosinone sorge il maestoso santuario della vergine bruna di Canneto.
Da qui inizia la storia del Melfa.
La sorgente del fiume Melfa
La sorgente del Melfa, da sempre identificata con quella di Capo d’Acqua, immediatamente sotto la chiesa, è in realtà una delle tante sorgenti del Melfa, che in passato formava sotto la chiesa un immenso lago, oggi in parte risorto grazie all’intervento del Parco.
In passato, ricordano gli anziani del luogo e pellegrini, “il santuario giaceva solitario, di pietra levigata costruito, su una terrazza rocciosa e dominante su una conca che raccoglieva le acque dei ruscelli provenienti dall’Acquanera, dal Petroso e dalla Valle del Meta”.
È lecito quindi pensare che non esista una sola sorgente, ma più sorgenti che unendo le loro acque formassero un lago da cui partisse poi il corso del Melfa. Di quei ricordi la realtà ha difeso solo le fonti dell’Acquanera e di Capo d’Acqua. Queste sono solo alcune delle sorgenti che sgorgano abbondanti in inverno, meno floride d’estate, ma pur sempre ricche di fascino per il contesto ambientale in cui si trovano e che accompagnano gli escursionisti al Monte Meta ed al valico dei Tre Confini fino al rifugio di Forca Resuni o al passaggio dell’orso.
La captazione in Val Canneto
Ma negli anni 50, l’esigenza di una costante fornitura idrica ai comuni della bassa Ciociaria e del versante orientale degli Aurunci, portò a realizzare una captazione idrica nei pressi di Capo d’Acqua. Chi ne da notizia ha un nonno che lavorò alla sua realizzazione.
Così commenta Armando Giuseppe Moretti: “Nella valle di Canneto prima che iniziassimo i lavori c’era un lago d’acqua… ma non pensavamo di trovarci di fronte ad un lago ancor più vasto nel sottosuolo. Si scendeva attraverso una porta ed una scala per poi prendere ancora un’altra scala che ci portava davanti al centro di raccolta dal Petroso. Un’immensa quantità d’acqua scorreva lì sotto e freddissima come la neve sciolta”
Oggi la sorgente di Capo d’Acqua non rappresenta altro che l’eccesso di acqua che esce dagli sfioratoi della condotta forzata, la quale conduce dapprima ad un ripartitore esattamente sotto la chiesa, per poi distribuirsi con le condutture destinate ai vari paesi ciociari e della catena degli Aurunci. Questa captazione negli ultimi anni ha notevolmente impoverito la portata del Fiume Melfa poiché la sempre maggiore necessità idrica e i numerosi danni, non sempre sanati, alle vecchie condotte da cui si disperdono litri preziosi ha richiesto un sempre maggiore prelievo alla sorgente.